Tra poveri diavoli, rabbini e diavolesse: viaggio esoterico nell’ebraismo dell’Europa orientale.

di Emanuela Miconi con Cristina Vignone

Al bando, definitivamente e una volta per tutte, quella ben nota “obiettività scientifica” altrimenti detta NOIA!!! Ne ho e, soprattutto, ne avrete abbastanza di seriose presentazioni, di vecchie prof ligie a desueti dettami pedagogici, di docenti boriosi e delle loro didattiche introduzioni e compassate citazioni. Da questo momento nuova musica per tutti gli Antidotisti (e non) e anche un pizzico di follia narrativa che, a mio avviso, ben si addice a chi, dagli amici rom, veniva chiamata “dili”, pazzeriella. Vorrei che adesso i miei post divenissero mappe, suggerimenti di strade da percorrere, invenzioni di mete da raggiungere, ma anche inviti alla danza, melodie da cantare, semi dalla mia terra lanciati al vento, da raccogliere e trapiantare nella vostra.

Detto questo, seguitemi!

In punta di piedi entriamo nell’universo della cultura ebraica; potrei condurvi subito laddove furono i ghetti, nelle grandi città d’Europa: Rue des Rosiers, da cui proviene la Menorah che tengo in casa e il Magen David (la stella di Davide) che talvolta porto al collo, Whitechapel da dove Dickens alimentò la propria energia creativa e trasse i più loschi personaggi dei suoi sinfonici romanzi, Cannaregio delle cinque Schole e delle interminabili notti di Corto Maltese e quella Via del Campo, dove ancora si canta di una “bambina dagli occhi grandi color di foglia”. Oggi noi conserviamo, di quei luoghi, solo i nomi e l’immagine, ormai un po’ retrò, di un mito. Poco meno di qualche secolo fa, già più nulla avremmo trovato di questi ebrei, romantici outsiders; da tempo si era già compiuta la loro assimilazione all’Occidente: era la cosiddetta Haskalà, la trasformazione, deliberatamente attuata nel corso del Secolo dei Lumi, che aveva relegato la poliedrica vita ebraica nell’ambito di una esclusiva pratica famigliare, confinata all’interno delle mura domestiche e ignorata nel contesto sociale di appartenenza. Nessun ebreo in caffettano e ricciolini, nessuna masnada di ragazzini vocianti cantilenanti i versi del Talmud, nessuna donna dall’ampia gonna e la cuffia bianca al forno delle azzime, avreste potuto incontrare per lo Shabbath nelle già allora affollate e concitate città europee. Potevate incappare invece in belle, eleganti e ricche signore, contornate da pargoli educati e severe bambinaie, mogli e figlie di altrettanto ricchi commercianti di stoffe, banchieri, giuristi, medici affermati e tutta quella genia di azzimati e tristi uomini d’affari “dalle tempie grigie”- la definizione non è mia (non sarei capace di tanto….) ma ci voleva quel genio di Thomas Mann – immalinconiti, forse perché non del tutto ignari del prezzo pagato, troppo alto, in termini di perdita di radici, tradizione, identità, al mondo dei Goym (i non ebrei). Immagino allora qualcuno di loro, magari quelli più avanti negli anni, avere reminiscenze e nostalgia di un altro mondo, quello dei loro padri, antico e perduto, dove “l’ingarbugliata vita ebraica” poteva ancora germogliare libera in ogni dove, nelle sue infinite miserie così come nelle sue evanescenti ricchezze.

Seguitemi ancora, solo un po’ di pazienza: con un balzo nel tempo e nello spazio, simili a Margherita, la fantastica compagna del Maestro, voliamo a Est, verso le immense e gelide lande desolate, sepolte nella neve e riecheggianti dell’ululato dei lupi.  Arriveremo a Tishevitz, a Frampol, a Kreshev, le piccole Shtetl sperdute nella pianura dove nell’aria resa immobile dal freddo glaciale sentiremo risuonare ancora le minuscole sinagoghe dei loro canti e i bambini salmodiare la Torah nelle stanzette disadorne della Yeshivà, la onnipresente piccola scuola del villaggio. Occhi occidentali vi hanno visto solo miseria e degrado, ma di quel microcosmo scomparso, distrutto dagli uomini del XX secolo, impazziti di furia omicida, Isaac Bashevish Singer, per nostra fortuna, ne ha conservato memoria nella lingua e nelle innumerevoli storie, quelle dei suoi racconti: pagine da leggere a casa, nelle sere d’inverno, quando il gelo e il silenzio sono tali da consentirci di ascoltare il canto della neve che, sfiorando i vetri, fluttua lenta nel buio.

Venite, addentriamoci piano in questo mondo dove la realtà del quotidiano non si disgiunge dal soprannaturale, dove spiritelli dalle corna molli e braccia di liquirizia vi aiuteranno in cucina, dove le anime dei defunti vengono a dormire nella stanza accanto per tenervi compagnia nelle notti di bufera, dove i demoni hanno partita persa contro rabbini intelligenti e il diavolo, per vendicarsi, cercherà di allettarvi con feste e grandi balli in cui potreste perdere voi stessi, dove i libri sono magici e dove si dorme con una scodella sul comodino per acchiappare lei………Lilith, la Regina di Sitra Akhra, l’altra parte.

Coraggio…..puntate e avviate l’audio del file.

Mazal Tov, Buon Destino

Alla prossima, Manu

Musica.

KlezRoym – Yankele nel Ghetto ; KlezRoym – Oyfn Pripetshik; KlezRoym – Fel Shara; KlezRoym Ershter Vals

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