Abitare la soglia permette la contaminazione che allo stesso tempo è crescita, scambio relazionale, arricchimento personale, è un abitare le domande per sfuggire dai luoghi comuni e creare luoghi del comune, ibridi, ambigui, modificabili, mutevoli, spazi che soddisfino l’esigenza di de-costruzione del proprio sé che vive solo grazie alla costante apertura verso l’altro. Stare sulla soglia è libertà di poter scegliere quando farsi contaminare, quali strade percorrere, quando accedere alla propria privacy e quando alla propria territorialità. Disimparare per educare, raccogliendo i metodi e i processi che creano dignità, perché è nel processo che risiede la scelta di de-costruire il mosaico del proprio sé che altro non è che apertura al dialogo e al conflitto, è il processo partecipativo che dà dignità e identità. La soglia è la ricerca di abitare luoghi che non siano ingabbiati in riduzioni interpretative dualistiche ma che stimolino i sensi, luoghi che generano malintesi, ricchi di caratteri ibridi, e che attraverso la nascita di fraintendimenti possano sollecitare il dialogo, il confronto sociale e soprattutto il conflitto: luoghi ambigui (Laino, 2012) che devono essere vissuti raccogliendone le ambivalenze e esplorandone la complessità e la profondità con pazienza e cura. È un vivere con cura, decostruendo i diktat che la società ha creato e riprendere con forza l’esigenza di una cura che spinge le passioni ma che le lega alle azioni (Laino, 2012). Vivere con cura significa agire intelligentemente indagando costantemente l’oscurità, l’inaudito, l’impossibile, l’alterità (Zamboni, 1990). Costantemente interrogarsi sul vivere quotidiano, sulla routine faticosamente conquistata e che protegge dall’imprevisto, dall’imprevedibile. Decostruire l’incertezza per farla divenire la migliore compagna di viaggio, per affrontare quel vuoto dinanzi al quale periodicamente siamo costretti ad affacciarci. Sembra che la ricerca di questi luoghi vada nella direzione di una trasformazione di una società che dobbiamo ancora capire e che necessita di abbandonare la ricerca di certezze delle nostre identità e imporci una pausa, fermarsi a riflettere e ad ascoltare con cura i sé che ci abitano e che abitano i nostri vicini. Un involontario, quotidiano e globale dialogo tra le culture, le paure, e le insicurezze (Beck, 2000).Nel vuoto istituzionale sovraesposto, ritengo dunque necessario creare un ente, un servizio istituzionale non pubblico e non privato, ma comune, che sia capace di mettere in atto dei processi partecipativi orizzontali che vertono nell’ottica della riappropriazione del diritto alla casa. Che agisca fuori da logiche clientelari e personalistiche, che non stabilisca criteri sulla base di una valutazione morale della persona in difficoltà, ma che agisca nell’ottica di dare a tutti le condizioni per poter scegliere della propria vita e delle proprie forme abitative. Che abbia come obiettivo un’equa distribuzione delle risorse senza dimenticare che come esiste il diritto alla proprietà privata esiste anche il diritto alla casa. Un ente che sia capace di far dialogare il pubblico e il privato sociale nella gestione e risoluzione del problema abitativo con le persone recluse e non per le persone recluse. Creare un ventaglio di proposte che possano dare a tutti la possibilità di abitarsi e creare quelle condizioni protettive una volta usciti dal carcere che lascino la libertà di scelta sulle proprie vite, la libertà di decidere le proprie condizioni abitative e, se si vuole scegliere di iniziare ad abitare la soglia, mettendo al mondo solo “figli della libertà” (Beck, 2000).
Introduciamo il 20° episodio di Rigonia con le parole di Marina Pinto, volontaria dell’Associazione Il Contesto e ospite in trasmissione assieme a Filippo, che ha raggiunto il fine pena circa sei mesi fa dopo una lunga carcerazione. Il tema di questo episodio è il diritto alla casa e i problemi che affrontano i liberanti nel momento in cui si trovano di nuovo fuori, soli con se stessi e con il bisogno di tornare il prima possibile a una normalità nella vita di tutti i giorni.
Di seguito è possibile ascoltare l’audio integrale della puntata:
Errata corrige. Marina ci ha segnalato che nel corso della trasmissione è stata detta un’inesattezza. La dicitura esatta è “detenzione domiciliare” e non “arresti domiciliari”. Noi raccogliamo la sua segnalazione e la sua richiesta di specificarlo – e prontamente pubblichiamo e ringraziamo.