Alpi Liguri

Non ero mai stata a Cosio D’Arroscia. Oggi, dopo pranzo, sono salita sulla piccola 4×4 con le gomme nuove e sono partita.

Superato Pieve di Teco il sole stava già tramontando ma l’aria era ancora tiepida. In mezzo ad un tornante ho svoltato a sinistra e lasciata la statale 28 che porta ripida al Colle di Nava, e che è quasi una superstrada di montagna con cemento armato e asfalto nero, mi sono trovata in una strada più stretta a mezza costa, pianeggiante e in mezzo al bosco; nessuna protezione a valle, il bordo frastagliato e in diversi punti proprio rotto.

Attorno alberi spogli o con foglie di colori che variano dal giallo pallido al rosso scuro scuro, di rado qualche sempreverde: è autunno. Molti rami rotti e tronchi spezzati, dev’essere un segno lasciato dal nubifragio della prima settimana di ottobre. Vicina dietro di me un’auto irrequieta, è un minisuv di marca tedesca, alla guida un uomo che conosce bene la strada, è del posto, penso, accosto, lascio passare, sparisce quasi subito.

Mi fermo proprio sotto il cartello che mi dice che sono arrivata anche se sono appena fuori dal bosco; spengo il motore e scendo. C’è silenzio. Di li a poco sento limpide le campane. Cosio è poco distante un poco più basso.

Riparto, poi vedo la piazza, rallento, esito ma proseguo in direzione Mendatica, qualche casa vecchia abbandonata e altre di cemento e mattoni trascurate, la strada è spaccata sembra pericolante e molto più sotto c’è un torrente. Più avanti, dove la strada si piega a centottanta, una casa non nuova, non antica, non finita, un piazzale grande sterrato, tronchi malamente accatastati e una vecchia panda senza ruote e senza vetri, che sembra un magazzino di cose inutili.

Vado oltre, adesso vedo l’altro fianco di Cosio e anche il cimitero. Arrivo in un pianoro coperto di foglie secche, gli alberi intorno, un’auto parcheggiata, forse saranno andati a funghi ? Un ruspa ferma più lontana, panchine, due sedie di plastica bianche, un tavolone da pic nic. Faccio inversione, ritorno verso Cosio e parcheggio in piazza vicino alle auto lasciate li un po’ a caso.

Tre uomini stanno parlottando, saluto e mi inoltro nei vicoli stretti e umidi, ben spazzati. E’ un groviglio di viuzze, archivolti, scale e scalette mi sembra quasi di essere nell’illusione di Hescher. Un uomo di mezza età vuota una damigiana nel tombino, l’odore del vino si espande. Vasi per lo più di plastica, con piante verdi che non hanno bisogno di sole diretto, sono sparsi qui e là. Tendine di cotone ritorto, bianco, lavorate a mano a filet, sono messe fuori dalla finestra a due ante per chi passa e fa una foto.

Ogni tanto spunta un gatto, poi due, tre, quattro che scappano via, si fermano di colpo e da distante mi guardano. Molte case sono chiuse da molto tempo. Non ci sono negozi o negozietti. Sembra non ci sia traccia di turismo. Torno sulla piazza, un bimbo corre, il papa lo insegue, ma non stanno giocando, a rimproverarlo arriva la mamma. Un uomo e una donna chiacchierano a voce alta, mi avvicino e chiedo chiarimenti riguardo al cartello che avevo trovato nei pressi del bivio della statale 28 e che annunciava la chiusura della strada a partire dal 9 novembre a causa di lavori urgenti. Non ne sanno nulla, sono sorpresi, e un po’ preoccupati; lui telefona al sindaco genoano, si scambiano battute ironiche su doriani e juventini ma adesso sono tranquilli, potranno tornare al lavoro lunedì, lui a Genova e lei ad Imperia. Ci presentiamo e cominciamo a parlare. Mi raccontano che proprio questa notte si è saputo che ieri è mancato a Torino, dove viveva da tempo, Piero Simondo, nato a Cosio nel 1928, uno dei fondatori dell’Internazionale Situazionista. Mi raccontano che i Situazionisti amavano riunirsi qui per parlare, mangiare e soprattutto bere. Continuiamo a dialogare. Parliamo di Cosio e della Liguria, di musica, di artisti e di ricette di sciroppi alle erbe, che si tramandano da generazioni e sono custodite gelosamente, da poche, pochissime persone del posto. Chi abita qui è riservato, forse chiuso ma a festeggiare l’ultimo dell’anno, qui a Cosio, erano più di cento persone legate a questo posto e non è poco.

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